giovedì 26 novembre 2015

Prime impressioni sul convegno "Quaderni Neri di Heidegger" - Roma 23-25 novembre 2015

La primissima impressione che mi viene in mente ripensando alle tre giornate di convegno (lunedì 23 pomeriggio, martedì e mercoledì mattina) è che sono state giornate molto stancanti, troppo fitte di relazioni, senza alcuna pausa-caffè o interruzioni, che non fosse quella del 24 per il pranzo. La seconda è che il ritmo incalzante per mantenere la tabella oraria ha sacrificato di molto il dibattito alla fine delle relazioni, permettendo molto spesso che formulassero domande (quasi) solo altri relatori al convegno. Personalmente poi ho avvertito anche un certo fastidio da parte della prof.ssa Di Cesare, sconfinato a volte in una vera e propria censura preventiva, per considerazioni e domande che stavo ponendo o che avrei voluto porre.

Non era prevista traduzione simultanea e solo pochi relatori avevano preparato traduzioni in italiano o inglese (Trawny, Bensussan, Martinengo) dei loro interventi. Il tedesco Sloterdijk, che parlava a bassa voce e assai lentamente, è stato tradotto frase per frase dalla Di Cesare e da Pozzo del CNR.

Alcune affermazioni o prese di posizione significative, che mi hanno colpito e che ritrovo scorrendo le pagine di appunti presi, sono (in ordine sparso) le seguenti:

- di Alessandra Iadicicco, la traduttrice del volume GA94 appena uscito in italiano (Bompiani): "Accettare questo lavoro è stato come lasciarsi rinchiudere volontariamente in una camicia di forza" ed "Effettuarlo è stato come nuotare in un una vasca piena di catrame".

- lo spagnolo Escudero, chiedendosi qual era il segreto che avrebbe dovuto fare del popolo tedesco un popolo con una particolare missione, ha ricordato Hoelderlin, Stefan George ed il suo gruppo ed ha insistito sulla cosiddetta "Germania segreta".

- il tedesco Trawny continua ad interrogarsi sull'antisemitismo di Heidegger come tema implicito nella sua filosofia, senza peraltro arrivare a chiedersi e precisare in cosa consista precisamente la caratterizzazione "seinsgeschichtlich" che lui ha attribuito a questo antisemitismo.

- la Di Cesare ha sintetizzato sostanzialmente il secondo capitolo del suo ultimo libro "Heideigger and Sons", edito come il precedente da Bollati Boringhieri.

- Paltrinieri della Ca' Foscari di Venezia ha riportato alcune citazioni  sull' Herrschaft dell'Essere, sul fatto che a decidere è sempre l'Essere e che la verità secondo Heidegger  consiste nello "Schiudersi e nascondersi storico dell'Essere",...  SENZA però arrivare mai a fare alcuna ipotesi su questo essere/Essere che si manifesta nel corso del tempo.

- Pozzo ha ricordato, come storico delle idee, la condanna di Klages - come geistfeindlich - da parte del congresso filosofico tedesco del 1936, convocato su 'Seele und Geist'.

- secondo Sloterdijk, Heidegger avrebbe conosciuto l'ebraismo attraverso il neokantismo e questo lo avrebbe portato a ridurre l'ebraismo al razionalismo.

- Tommasi della Sapienza ha illustrato come Heidegger abbia modificato nel tempo il suo progetto iniziale di 'distruzione/decostruzione' della storia dell'ontologia.

- il francese Bensussan di Strasburgo ha parlato di una condivisione nietzscheano-heideggeriana sulla funzione degli Ebrei (il Weltjudentum) nella storia dell'essere e nella trasvalutazione di tutti i valori: la supremazia ebraica nella "manipolazione degli enti e nella rivolta degli schiavi" dischiuderebbe e perpetuerebbe la "parte sbagliata" della storia. Secondo l'interpretazione di Heidegger di Bensussan, "l'antisemitismo figura (dunque) nella filosofia quasi-necessariamente come il programma di ciò che è bene addestrare e risanare, gli Ebrei, o al limite annientare, compiendone l'essenza stessa, ovvero il nulla (GA 97)."

- dell'intervento di Paolo Vinci, che parlava di Hoelderlin nei QN e nei "Contributi", mi ha colpito la frase che "L'esperienza di Hoelderlin non è un'esperienza vissuta", quando io invece ritengo che sia tutto il contrario. Da quando (6-7 dicembre 1801) intraprese il lungo viaggio invernale Nuertingen-Bordeaux al luglio-agosto 1802 Hoelderlin ebbe tutto il tempo ed il modo di riflettere sul sacro e sullo "stille Gott der Zeit" che sera dopo sera e notte dopo notte vedeva de visu. 

- V. Vitiello dell'uni San Raffaele ricorda dapprima le letture heideggeriane di s. Paolo,  sostiene poi che il pensiero heideggeriano avrebbe dentro di sè una componente giudaica molto forte, che tuttavia il filosofo svevo reprimeva. A dimostrazione di ciò conclude con una citazione nella quale H. sostiene che la sua Ruf des Gewissens (chiamata di coscienza) viene sia dal suo interno che "da sopra di me". Un "sopra" che Vitiello poi, sorridendo alla mia domanda, si è rifiutato di precisare o anche solo immaginare (a suo dire) quale sia. 

- Gianni Vattimo ha esordito dicendo di essersi accorto nei tre giorni di convegno di aver preparato una relazione fuori tema, di non volerla quindi leggere e fare invece qualche considerazione veloce sui QN, a braccio, lasciando così più spazio alla discussione finale. Ha detto cmq che "Il nazismo di Heidegger è iniziato quando è passato dal leggere s. Paolo al leggere Hoelderlin", che "Se io non fossi cristiano non sarei heideggeriano e se non fossi heideggeriano non sarei cristiano", che "L'Europa di oggi è una forma della Machenschaft heideggeriana" e che "H. si era illuso immaginando di poter riportare la Germania del suo tempo alla condizione della Grecia prima dei presocratici."
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La conclusione provvisoria che io ho tratto da queste tre interessanti e faticose giornate di convegno sui QN di Heidegger è che le opinioni e le considerazioni degli accademici su di essi, come su tutta la filosofia heideggeriana, sono ancora - a quasi novant' anni da Essere e Tempo - assai varie e divergenti e che essi accademici sono ancora ben lontani da valutazioni e giudizi in qualche modo convergenti sul pensiero e sulle opere del filosofo svevo. 
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Dopo la chiusura del convegno, ho donato all'ancora lucidissimo prof. Gianni Vattimo una copia del mio saggio "Congiunzioni Giove-Saturno e storia giudaico-cristiana" - da lui molto gradita - unitamente ad alcuni miei Abstracts inviati a vari convegni ed al grafico sulla congiunzione Giove-Saturno del 1801-02, quella che determinò il periodo di massima produzione poetica di Hoelderlin. Consigliando poi al Prof (ma anche a tutti gli studenti che facevano capannello), a proposito di Saturno, Giove e Terra, di andarsi a rileggere il paragrafo centrale di Essere e Tempo, il § 42, (un indizio volutamente lasciato da Heidegger, secondo me) ove si tratta guardacaso di Jupiter, Saturnus e Tellus (la Terra), dell'homo e della Cura che lo fa diventare effettivamente un 'uomo autentico', pienamente inserito in der Welt e dunque non Weltlos. Ha detto che lo farà senz'altro e che potremo poi magari anche incontrarci per approfondire la questione.

giovedì 12 novembre 2015

Die TANNE und der RENNWAGEN im 1936 [Heideggers Schwarze Hefte GA94]

 E' noto che già da metà degli anni trenta Heidegger subì attacchi da parte di docenti di filosofia molto vicini al partito nazista (Jaensch e Krieck ad es.) ed anche da parte di alcuni gerarchi (Rosenberg ad es.), che ritenevano opportunistica la sua adesione al NSAPD. Da essi la sua filosofia ed il suo "Sein und Zeit" erano accusati di essere astratti e vuoti, lontani dagli interessi e dai problemi reali del "popolo" e della "comunità di popolo". 

Nel volume dei Quaderni neri GA94 (da pochi giorni disponibile anche in italiano) c'è - su questa questione - un'interessante riflessione del filosofo, che vale la pena riportare: è la n. 265 del IV libro delle Ueberlegungen. Dice:

"Sein und Zeit" gegenueber den Nachweis erbringen, dass darin nicht das "Volk" und die "Volksgemeinschaft" als "Sinnemitte", ja sogar ueberhaupt angesetzt und gennant seien, heisst soviel, wie einer Tanne gegenueber zu beweisen, dass sie nicht die Leistung eines Rennwagens aufbringe. Am Ende vermag die Tanne als Tanne immer noch Jenes, was der Rennwagen nie leisten wird, so laut und so rieseg sein Auftreten auch sein mag. So will "Sein und Zeit" etwas, was in der Stille bleibend weit vorausgreift allem Gerede vom "Volk" in der ploetzlich uebereifrig "voelkisch" gewordenen "Scheinphilosophie".
In italiano, ritoccando la traduzione della Iadicicco, abbiamo:

IV-265. Offrire - di fronte ad Essere e Tempo - la dimostrazione che in esso il "popolo" e la "comunità di popolo" non sono affatto posti e nominati come "centri di senso", è come - di fronte ad un abete - dimostrare che esso non sa offrire le stesse prestazioni di una macchina da corsa. In definitiva l'abete, in quanto abete, è sempre capace di compiere ciò di cui un'auto da corsa non sarà mai capace, per quanto rumoroso ed imponente possa essere il suo arrivo. Analogamente Essere e Tempo vuole qualcosa che, restando in silenzio, precorre di gran lunga tutto ciò che si può dire del "popolo" nella 'filosofia apparente', diventata improvvisamente entusiasticamente "nazionalista".