lunedì 27 agosto 2012

Repetita juvant: il 'dogma' centrale della nuova ermeneutica storico-filosofica

A beneficio di quanti seguono questo blog non dall'inizio (gennaio 2009) riporto la sostanza del post di lunedì 4 maggio 2009, dal titolo Il fondamento fisico della nuova ermeneutica filosofico-metafisica (cui pure rimando), con qualche piccolo aggiustamento.

Il 'dogma' centrale sul fondamento fisico della nuova ermeneutica si può così formulare:

L' (ess)ente fisico preso a base dalla metafisica, cioè l'ente i cui vari modi d'essere - cioè di occorrere - sono da millenni (almeno dai presocratici e fino a Nietzsche, Heidegger e oltre) oggetto di speculazioni e anche di attività storico-filosofico-religiose, quell'ente fisico è la congiunzione tra i pianeti GIOVE e SATURNO, cioè l' insieme dei due pianeti (entrambi visibili ad occhio nudo) visto o pensato nel giorno del loro frequente, unico allineamento ovvero nei mesi dei loro molto più rari 3 o 2 consecutivi allineamenti rispetto alla Terra, cioè a noi osservatori.

*  *  *
 
Quell' almeno in neretto che vedete nel corpo del 'dogma' sta a significare che con grandissima probabilità il fenomeno astroNomico in questione era già osservato anche prima del periodo assiale in Egitto, in Cina ed in Iran-India, paesi dai quali originano i miti (a fondamento astrale com'io ho dimostrato) della fenice e dell'unicorno.

domenica 5 agosto 2012

Borges e la fenice

Dicevo nel post precedente che non mi era ancora chiaro se e quanto Borges avesse capito di cosa si cela dietro l'immagine allegorica della fenice. A distanza di una decina di giorni le cose non sono cambiate molto, anche se nel frattempo ho avuto modo di leggere La secta del Fénix, che l'argentino pubblicò nel 1952 e ancora nell'ampliamento delle sue Ficciones del 1956.
Dico subito e francamente che a me queste tre paginette e mezza (tanto occupa questa finzione nel I vol. di Borges, Tutte le opere, Mondadori ed.) non sono piaciute affatto. Mi è sembrata tutta un'affabulazione fantasiosa, contraddittoria in certi suoi passi, arbitrariamente supponente ed enigmatica, come se l'autore volesse dare ad intendere di sapere molto più - su questa presunta setta - di quanto effettivamente sa. Secondo lui il segreto della setta consisterebbe in un rito di iniziazione durante il quale un mistagogo [facendo uso (?!) di materiali quali il sughero, la cera, la gomma arabica e/o il fango] inizierebbe il nuovo adepto ai misteri della setta.
Il segreto - secondo Borges - si trasmetterebbe di generazione in generazione, ma non sarebbero nè le madri nè i sacerdoti a trasmetterlo: "..; l'iniziazione al mistero è compito degli individui più bassi. Uno schiavo, un lebbroso o un mendicante fanno da mistagogo. Anche un bambino può indottrinare un altro bambino. L'atto in sé è banale, momentaneo e non richiede descrizione. ... Non ci sono templi dedicati specialmente alla celebrazione di questo culto, ma una rovina, un sotterraneo o un androne si ritengono luoghi propizi."
Capisce ciascuno che in mezzo a questo guazzabuglio di descrizioni è assai difficile intuire se Borges alludesse per caso a qualche segreto legato a congiunzioni di tipo planetario (io penso proprio di no, penso di poterlo escludere con assoluta certezza) o non per caso a qualche altro tipo di relazione/unione tra iniziatore e nuovo adepto, come molti hanno pure supposto.

Quel che ancora mi fa pensare che Borges forse, dico forse, qualcosa potesse sapere - magari vagamente - sul contenuto astronomico dell'allegorico mito della fenice è quanto egli riporta (non è detto da chi, da quale autore) sulla fenice cinese (pag. 67 del Manuale di zoologia fantastica, Einaudi tascabili):
"Nel I secolo avanti Cristo, l'arrischiato ateo Wang Ch'ung negò che la fenice appartenesse ad una specie fissa. Dichiarò che come il serpente si trasforma in pesce e il topo in tartaruga, il cervo, in epoche di prosperità generale, suole assumere forma d'unicorno, e l'oca di fenice. Attribuiva questa mutazione allo stessso 'liquido propizio' che, duemilatrecentocinquantasei anni prima dell'era nostra, aveva fatto sì che nel cortile di Yao, uno degli imperatori modello, crescesse erba di colore scarlatto. Come si vede la sua informazione era difettosa; o meglio, eccessiva."

Precisato che Wang Ch'ung o Chong è vissuto nel I sec. dopo Cristo e non prima, io interpreto questo brano - di cui Borges non fornisce la fonte - come un'allusione alla congiunzione Giove-Saturno tripla che ebbe luogo a cavallo degli anni 2350-2349 aC (quindi proprio all'epoca del leggendario imperatore Yao Di) nella costellazione della Vergine. Se il brano citato da Borges provenisse direttamente o indirettamente da fonti cinesi, ciò proverebbe che congiunzioni G-S venivano osservate e registrate in Cina già 120 anni prima dell'epoca di Naram-Sin in Mesopotamia, contemporaneamente e similmente a quanto veniva fatto ad Eliopolis in Egitto.

Dirò per concludere che, in base all'ancora limitata conoscenza che ho delle sue opere, la mia prima impressione su Borges e la tematica in oggetto è che a lui fosse forse arrivata in qualche modo qualche vaga informazione che la fenice doveva avere un qualche significato nascosto, esoterico, MA che lui di fatto non sia mai venuto compiutamente a capo del vero significato del mito. E che abbia - in definitiva - solo orecchiato un po' quel che si diceva in giro, riportandolo in modo volutamente  enigmatico e fantasioso.