mercoledì 21 dicembre 2011

La congiunzione Giove - Saturno tripla del 7 a. C. nella costellazione dei Pesci

La congiunzione tra i pianeti Giove e Saturno dell'anno di Roma 747 (il futuro 7 a.C., ovvero anno -6 nei software astronomici) avvenne nell'ampia costellazione dei Pesci, dalla parte di questa che confina con la costellazione dell'Ariete.                                                                                                   Ancora più prossima al confine tra le due costellazioni, sempre nei Pesci (longitudine 358° 20'), sarebbe poi stata quella singola di ca. sessant'anni dopo, cioè quella del 54 d.C., quando Paolo di Tarso incominciò a scrivere le sue famose Lettere (che sono i primi documenti del cristianesimo, cioè i più antichi).                                                                                                           Per inciso, in questa stessa costellazione dei Pesci era già entrato da 200-150 anni, ma muovendosi nel verso opposto a quello delle congiunzioni dette (cioè dall'Ariete ai Pesci) il punto gamma dell'equinozio di primavera che, muovendosi alla velocità di ca. 1° ogni 72 anni, all'inizio di primavera del 54 dc si trovava più o meno nella posizione dell' unicorno di Paolo, cioè della congiunzione G-S singola di quell'anno.
Tornando alla memorabile congiunzione G-S del 7 ac, quella che passò alla storia come stella di Betlemme, diremo che mentre l' unico allineamento eliocentrico dei due pianeti si ebbe il 1° settembre, i tre allineamenti geocentrici (1E <=> 3G) si ebbero - come si vede dai grafici sottostanti - alle seguenti date e longitudini e con le seguenti distanze angolari residue/minime (d.a.r):
- il 29 maggio, alla longitudine geocentrica di ca. 351°, con d.a.r. di 59' 6",
- il 1° ottobre, alla long, geoc. di ca. 347°, con d.a.r. di 58' 29" e

- il 5 dicembre, alla long. geoc. di ca. 345°, con d.a.r. di 1° 3' 15".
Tra le congiunzioni G-S triple questa del 7 aC da un punto di vista astronomico non fu una particolarmente perfetta, prima di tutto per i differenti intervalli di tempo tra I e II allineamento e tra II e III, rispettivamente più di 4 mesi e solo 64-65 giorni. Poi perchè anche nei tre momenti di massima vicinanza o allineamento, i due pianeti non apparvero mai più vicini di circa 1°, equivalente a circa due diametri lunari. Insomma vi furono sì tre 'allineamenti', ma nessuno particolarmente stretto. Rimane comunque il fatto che i due pianeti rimasero per molti mesi a fare un armonico balletto nel cielo notturno: la loro distanza angolare infatti rimase inferiore a 3° dal 27 aprile del 7 ac fino al 14 gennaio del 6 ac, cioè per quasi 9 mesi. Una sorta di gravidanza celeste insomma, il contesto ideale per la nascita di qualcuno - come Gesù Cristo - riconosciuto contemporaneamente figlio del cielo e figlio d'uomo.
Diremo per concludere, che in questi giorni di quell'anno (2017 anni fa) la congiunzione G-S che attirò tanto l'attenzione dei Magi volgeva ormai a termine: Giove era tornato da un paio di settimane alla sinistra del 'padre' Saturno (quindi era visibile più ad est di esso) e se ne allontanava sempre più: la distanza angolare di circa 1,5° cresceva infatti ormai al titmo di circa 3' per notte.
I due pianeti si sarebbero di nuovo incontrati tra circa vent'anni, nell'agosto del 14 dC, alla morte di Augusto.

venerdì 16 dicembre 2011

Il tempo delle fenici (ovvero: congiunzioni G-S dal tempo dei Maccabei a quello di Bar Kochba)

I grafici che vedete ora qui sopra, dietro al titolo del blog, si riferiscono alla congiunzione tra i pianeti Giove (la 'stella' reale nell'interpretazione degli antichi) e Saturno (El, la 'stella' di Ysra_El) che ebbe luogo nell' anno di Roma 747 (il futuro 7 a.C.) nella costellazione zodiacale dei Pesci. E' il fenomeno che secondo la gran parte degli studiosi rappresenta la cosiddetta "stella di Betlemme" del vangelo di Matteo.
Si tratta, come si può ben vedere, di una congiunzione G-S tripla cioè di una di quelle che nell'arco di 6-7 mesi comportano ben tre allineamenti tra i due pianeti e la Terra (ove noi osservatori siamo). Esse sono dovute al fatto che - al momento dell'allineamento eliocentrico tra Giove e Saturno - anche la Terra vierne a trovarsi su quell'asse o ne è poco discosta (max 29°), evento astronomicamente a bassa probabilità. I tre allineamenti hanno luogo, come ricordava agli antichi evoluti il gruppo delle tre Grazie, due in fase di moto progressivo dei pianeti (I e III allineamento) ed uno (quello centrale, il II) con i due pianeti in fase di moto retrogrado (lato B della Grazia centrale). L'allineamento centrale - corrispondente al minimo centrale della curva verde sovrastante) può a volte (quando la Terra è più discosta dall'asse) fondersi con il I o con il III dando luogo ad una cong. G-S doppia o pseudo tale).
E' questo allora imprevedibile* fenomeno delle congiunzioni G-S multiple (triple o doppie) che, come ho dimostrato in più convegni (sia in Italia che all'estero), era complessivamente allegorizzato con l'immagine della fenice. (Si vedano al riguardo, qui, articoli su Tacito e Annali 6,28).

Bene, tutto ciò premesso, mi rimane da giustificare il perchè del titolo di questo articolo, "Il tempo delle fenici". Esso deriva dal fatto che sono andato a verificare il tipo di congiunzioni G-S verificatesi nei tre secoli tra il 165 a.C. ed il 135 d.C. ed ho trovato che delle sedici congiunzioni tra Giove e Saturno verificatesi in questo periodo ben 10 (ca. 62%) sono del tutto o quasi del tipo multiplo, cioè del tipo fenice, una percentuale più che tripla di quanto teoricamente prevedibile a priori  (16-20%).
Si tratta, come ciascuno di voi può verificare o far verificare, delle congiunzioni G-S del 165, 146-145, 126, 46 e 7 a.C ed ancora del 14, 34-35 (la fenice al tempo di Tiberio, Tacito Annali 6,28), 74, 113-114 e 134 d.C.
Ecco perchè per quei tre secoli, così importanti per la storia della Judea/Palestina e per la storia del mondo, ho parlato di tempo delle fenici, un'espressione che mi piacerebbe venisse ripresa da qualche storico professionale che mi legge.
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[*oggi è prevedibile, ma solo tramite simulazioni con software astronomico; per sua natura il fenomeno è algoritmicamente imprevedibile, rientrando tra i fenomeni dinamici cosiddetti caotici.]

lunedì 12 dicembre 2011

Amare e possedere

Tra i libri acquistati di recente che ho iniziato a sfogliare (non ancora a studiare con piena attenzione) c'è La fede filosofica di K.Jaspers, edizione italiana della Raffaello Cortina ed. A pag. 17 il traduttore e curatore (Umberto Galimberti) riporta una citazione di Jaspers che mi ha suscitato un dubbio. Vi riporto la citazione poi vi dico il dubbio.

"Il termine greco filosofo (philosophos) è stato foggiato in contrapposizione al termine sophos. Esso sta a significare colui che ama la conoscenza (il sapere), in contrapposizione a colui che, possedendo la conoscenza, è detto sapiente. Questo significato della parola è a tutt'oggi ancora valido."


Poste le cose così, cioè fatta la netta distinzione tra l'amare semplicemente la conoscenza ed il pienamente possederla (cioè averla fatta propria, almeno in qualche ambito), si potrebbe anche pensare che il filosofo sia uno che ama parlare e discettare di tutto senza avere alcuna conoscenza approfondita delle cose di cui parla, cioè senz'essere sapiente in alcun ambito.
Mi pare che Jaspers, dicendo che i due termini sono tutt'oggi ancora contrapposti (lui scriveva  quella frase nel 1953), escluda la possibilità che vi siano filosofi sapienti ovvero sapienti filosofi in grado di comprendere e chiarire quella che Galimberti chiama ripetutamente l' "ascosità dell'essere".

E' proprio per questo motivo, questa esclusione, che introducendo Jaspers Galimberti può scrivere che:

"Essa [filosofia] non è più il 'sistema' che con le sue categorie logiche afferra e organizza il reale per dominarlo, ma è la 'via' che si incammina verso la verità (auf dem Wege der Wahrheit), lungo sentieri non più regolati dalla norma razionale del giorno (das Gesetz des Tages), ma dalla passione per la notte (die Leidenschaft zur Nacht), la cui oscurità è più consona all'ascosità dell'essere e al limite delle possibilità umane che il pensiero occidentale ha tentato inutilmente di oltrepassare."

Il mio commento a questa frase è che la sua genericità e fumosità e la sottolineatura di presunti limiti del pensiero occidentale (e umano in generale) siano lì ad indicare che una filosofia così concepita arriverà alla sua meta, alla verità, non prima del 3000.. quando dai 7 miliardi attuali l'umanità sarà arrivata.. chissà dove.. chissà a quanto .. e chissà come.

Il dubbio che ho, per concludere, è di natura personale. Mi vengo chiedendo se, con le scoperte fatte e con gli interessi che ora coltivo (e nonostante tutto), io debba sentirmi più un sapiente filosofo oppure un filosofo sapiente.

Auf bald, Giuseppe.